FORMAZIONE PER L’ACCESSO ALLE PROFESSIONI LEGALI
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Già quasi mezzo secolo fa uno dei maggiori comparatisti italiani, Mauro Cappelletti, valutando in maniera quanto mai sconsolata la formazione universitaria nelle materie giuridiche, posta a confronto con quella germanica, ammetteva che «se noi italiani, in specie noi giuristi dovessimo specchiarci negli istituti che, nel modo che purtroppo sappiamo, organizzano da noi l’educazione, universitaria e postuniversitaria, del giovane giurista, avremmo, ahimè, troppe più ragioni di vergogna e di sconforto, che di speranza e di orgoglio».
Tra queste ragioni veniva correttamente stigmatizzato, sulle orme di ancora più risalenti osservazioni di Vittorio Scialoja, il fatto che: «Noi insegniamo nelle nostre Università come si insegnava a Bologna ai tempi di Irnerio. Il professore sale sopra una cattedra, e per un'ora parla; parla, non sapendo se i giovani abbiano bene inteso ciò che egli viene esponendo; e finita quest’ora, si ritira».
Poste queste premesse, se ne concludeva che l’insegnamento accademico non dovrebbe consistere nell'esposizione di un testo (che gli studenti dovrebbero assimilare prima della lezione), ma nell'addestramento degli alunni «a studiare, a ragionare, a criticare, a servirsi dei metodi di ricerca, insomma a fare tutto ciò che costituisce la positiva attività della mente»; esso dovrebbe costituire dunque «un’esercitazione intellettuale (…), il vivo esempio del lavoro di una mente già progredita in presenza delle menti giovanili di coloro che devono imparare», dando così luogo ad un vero e proprio «contagio intellettuale», attraverso il quale «il maestro deve esercitare la sua influenza sugli alunni».
Purtroppo, la Scolastica Tradizionale, post-scolastica, universitaria e postuniversitaria, continua a rimanere, tranne sporadici casi, lontana dalla realtà di una formazione che dovrebbe essere sempre di più, soprattutto nei tempi odierni, orientata al mondo del lavoro, con un taglio teorico ma anche pratico, che consenta, una volta terminato il proprio percorso di studi, di essere pienamente ancorati alla realtà della Professione che si va a svolgere.
Oggi questa esigenza si avverte moltissimo anche nelle Professioni Legali, dove “cumuli di nozioni teoriche” non bastano certamente al giovane Magistrato, Avvocato, Notaio, per affrontare le insidie di lavori
nei quali si fa sempre più pressante l’esigenza di una preparazione che tenga conto anche e soprattutto di casi pratici sui quali confrontarsi, dialogare, discutere, contribuendo alla certezza di quel diritto di cui l’Italia doveva essere “culla” ed al contrario, ne sta sempre di più diventando “la tomba”, come già paventava, in tempi non sospetti, il compianto Giovanni Falcone.
Se solo pensiamo al fatto che, una Scuola Superiore della Magistratura è stata creata in Italia soltanto con la legge n. 111 del 30 luglio 2007! E non pare che, finora, abbia prodotto chissà quali e quanti risultati!
Ma, a parte tale ultima considerazione, che in ogni caso sottende ad una gestione della Formazione in questo settore, più politica che strettamente tecnica (basti pensare alla querelle, protrattasi per anni, sull'insediamento di una sede operativa della Scuola Superiore di Magistratura, tra Catanzaro e Benevento, fonte di acquisizione di consensi elettorali per i politici di turno che si affacciavano sulla scena della gestione della cosa pubblica!), Astrea desidera tenere in debito conto la realtà di una Formazione Professionale che deve essere sempre di più orientata al lavoro che concretamente si andrà a svolgere e ciò nell'ottica di una prestazione professionale sempre più qualificata.
In Astrea non v’è e non vi sarà alcun tentativo cabalistico di individuare gli argomenti dei temi che verranno assegnati ai prossimi concorsi (la premonizione quasi mai si rivela fondata peraltro!), né che gli aspiranti possano credere nelle qualità divinatorie di un nuovo maestro-sciamano. E non è, e non sarà mai neanche quel tipo di Scuola dove si richiede agli Aspiranti di acquistare nuovi testi prodotti e venduti per l’occasione, pesando oltremodo sulle finanze e deludendo, nella maggior parte dei casi, le speranze di chi, indotto ad acquistare questo o quel libro nella falsa convinzione che possa fare la differenza, si ritrova una biblioteca molto nutrita, sì, ma solo quella.
In particolare è importante tenere presente che da circa una ventina d’anni il numero dei candidati al concorso da uditore è andato progressivamente crescendo, al punto da creare difficoltà gravissime ad una corretta gestione di tale delicatissima operazione. In effetti, nel periodo compreso tra l’inizio degli anni ottanta e la fine degli anni novanta tale cifra è passata da 5.000 a 10.000-15.000 unità, raggiungendo addirittura un «picco» di 25.535 persone nel 1998. Il numero dei presenti alle prove scritte è passato, nel medesimo tempo, da 1.000 a 6.000 unità circa; di questi, coloro che hanno portato a termine le tre prove scritte ha iniziato a superare costantemente le 2.000 unità (2.303 per il concorso del giugno 1995 e 2.414 per quello del giugno 1997): il tutto in relazione a una disponibilità di posti oscillante in quel periodo tra le 100 e le 300 unità.
Pur tuttavia, a parte statistiche e cabale varie, per vincere il concorso in magistratura, è necessario frequentare il Corso il prima possibile. Quello in Magistratura, così come il Concorso per diventare Notaio, richiede, c’è poco da fare, uno studio costante ed un impegno continuativo.
Ed allora, iniziare sin da subito un percorso di formazione e di studio approfondito, consentirà di affrontare in modo sereno e consapevole le prove concorsuali.